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Pacific Northwest #6 – Tom Robbins e Jimi Hendrix

Continuano le Lezioni Americane, la rubrica in cui si raccontano le tappe del mio viaggio/corso di Letteratura Americana e insieme si scopre come, perché e soprattutto con chi andare per le sue strade. Tenendo sempre bene a mente una cosa: il corso è un esperimento narrativo a motore acceso, dove si guarda alla strada come luogo ideale per incontrare scrittori, musicisti, registi, politici, artisti ed editori, dar loro la parola e farci raccontare il paese in cui vivono, lo stato – in particolare – attraverso il quale passa il loro cammino.

In questi mesi giriamo il PACIFIC NORTHWEST e la sesta tappa ci porta sempre più dentro Seattle attraverso i racconti psichedelici di due figli dei fiori: lo scrittore Tom Robbins e il leggendario chitarrista Jimi Hendrix. Ed è proprio l’aspetto visionario e funambolico dei loro racconti che mi ha suggerito il titolo della lezione:

PSICHEDELIA, ALLUCINAZIONI E FIORI

La guida prediletta e amata di questo pezzo di strada è Fernanda Pivano, amica di Tom Robbins, che con queste parole ce lo presenta:

straordinario ironista, scrittore di pura fantasia, nato negli amori di un circo equestre, arredatore della sua casa con enormi immagini di Tarzan e Jane. Quando parla sembra una persona normale; quando scrive sembra lo scirocco che diventa libeccio nel trionfo di scintille e tremori.

Nato negli anni Trenta nel North Carolina, Tom Robbins già a 5 anni lascia viaggiare la sua immaginazione componendo storie che racconta alla madre, scrittrice – a sua volta – di libri per bambini. A metà degli anni Quaranta si trasferisce con la famiglia in Virginia dove lavora per un’estate nel circo locale e si innamora dell’incantatrice di serpenti, una donna dai capelli rossi che spesso tornerà nei suoi romanzi. Poi, una volta diplomato, inizia la sua vita da hippy: per dieci anni viaggia in autostop per tutti gli Stati Uniti, si ferma al Greenwich Village di New York per tentare la fortuna come poeta, l’Areonautica militare lo porta con sé in Corea e lì lui contrabbanda saponette e sigarette, torna in Virginia dove per qualche tempo fa il giornalista ma la sua predilezione per i musicisti di colore non è gradita al capo che lo licenzia e, infine, nel 1962 approda a Seattle. Seattle, la città che lui sceglie perché di qui era passato Jack Kerouac e ne aveva fatto un ritratto affascinante. Seattle, la città che ospita un leggendario concerto dei Doors che lui recensisce come fosse una visione. Seattle, la città dove inizia la sua esplorazione dei mondi disegnati da LSD e droghe psichedeliche, mondi in cui non esistono confini tra realtà e fantasia, dove si può sperimentare l’unione tra spiritualità, poesia e sessualità.

Nel 1971, quando la scia del movimento Flower Power non smette di splendere ed è ancora contagiosa, pubblica il suo primo romanzo: Uno zoo lungo la strada. L’edizione originale va malissimo, nessuno se la fila. I suoi editori, tuttavia, hanno una pensata geniale: pubblicare subito la versione tascabile. Conseguenza: 700mila copie vendute in due settimane, una copia nella tasca dei jeans a zampa di tutti gli hippy d’America. Tom Robbins, da quel momento, diventa ufficialmente una rock star: i suoi reading nelle università sono leggenda, code di ragazzi che spingono per entrare, deliri, visioni e, chiaramente, ancora fiori.


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Una delle cover della versione inglese.


A dispetto del carattere umoristico e psichedelico delle sue storie, Tom Robbins è uno scrittore serissimo: su una sola frase lavora delle mezze ore, su un solo romanzo anche tre anni. La sua scrittura è intuitiva e non analitica, prende forma da immagini sparse che poi, spontaneamente, si legano l’una all’altra sulla pagina. Il “divertimento apocalittico e la suspense metafisica” che rendono così speciali le sue storie sono in realtà conseguenza di una struttura di pensiero tirata – come un lenzuolo bianco pronto a venir proiettato di visioni coloratissime – da un lato dalla cultura orientale, dall’altro dalla mitologia greca. Le trame sono bizzarre, i temi anticonformisti, gli eventi narrati divertenti e assurdi.

E il paesaggio? Com’è il Pacific Northwest di Tom Robbins?

Cinese, è cinese. I colori opachi, le dune di roccia sparse qua e là sull’acqua, il verde argenteo del bosco e quello fumoso del cielo, la luce fioca che non si sfoga mai, la pioggia che nutre la natura e la rende vaporosa: la Skagit Valley, la zona naturale dove i protagonisti del romanzo tengono in vita il loro zoo senza animali, è un dipinto orientale e, in misura maggiore, è lo spazio perfetto dove si possono incontrare Gesù e Tarzan e scuotere il sistema delle nostre credenze dai secoli dei secoli.

In effetti, questo è l’obiettivo di Tom Robbins quando scrive questa storia: mettere in discussione le grandi narrazioni del mondo moderno – in primis quella religiosa – attraverso lo humor e il gioco. Attraverso la trasgressione.

Ed ecco tornare i figli dei fiori, allora, che contro quelle rigide strutture di

pensiero si ribellavano, che quelle autorità stantie volevano rovesciare, che quei falsi miti intontiti di patriottismo, forma e obbedienza dovevano abbattere. Ed ecco, allora, brillare le note di Jimi Hendrix, che da Seattle (dove è nato) a Woodstock (dove è esploso), nel 1969, dopo aver raggiunto il successo in Inghilterra e aver cambiato once and for all il modo di suonare la chitarra elettrica – non più strumento ma estensione del proprio corpo – ecco, dicevo, che quando Jimi torna in America e si esibisce davanti a 500mila ragazzi in cerca di cambiamento, in modo del tutto spontaneo, psichedelico e libero fa a pezzi l’inno nazionale americano e consegna alla storia uno dei rari momenti in cui la leggenda si fa realtà.


Ritualità, spirito gipsy, sensualità e demistificazione avvicinano Tom Robbins a Jimi Hendrix e consacrano Seattle, prima ancora dell’ultima vera rivoluzione musicale – il grunge – a culla – movimentata e drogata – della libertà.

Purtroppo l’edizione italiana di Uno zoo lungo la strada è fuori commercio, potete trovarla nelle biblioteche e da qualche remainder molto sveglio: qui, tuttavia, trovate la scheda completa con le prime pagine del libro e la quarta di copertina. Qui, invece, un’intervista a Tom Robbins.

Magico, emozionante, divertente, salutare, uno di quei libri che vorresti portare con te per poi sparire in un tramonto.

Con le parole di Thomas Pynchon su Uno zoo lungo la strada, vi auguro buona psichedelica lettura!

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Nella settima tappa del viaggio si farà una dovuta e piccante deviazione: la letteratura è una cosa, certo, ma la scrittura comprende anche molte altre declinazioni degne di analisi. In primis, quella che viene esercitata per intrattenere: Grey’s Anatomy e Cinquanta sfumature di grigio ci raccontano, dunque, come è successo che Seattle abbia smesso di punto in bianco le camicie a quadri e si sia data a frustini, vampiri e prevedibili trame d’amore.

Ci sono viaggi che si fanno da soli, e poi ci sono tutti gli altri.

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Cenni sulle precedenti lezioni si trovano qui.

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